The Universal

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Sempre meglio che lavorare, l’universo “bangla” nel film dei The Pills è geniale

I The Pills hanno sdoganato i bangla.

Che cos’è un bangla? Sono la maggior parte degli attuali gestori di market, negozietti che hanno di tutto e di più, presenti nella Capitale. Ma non solo. Sono quelli che ti fanno la benzina, 24 ore su 24 a tua disposizione, lasciandoti comodamente in macchina. Sono quelli che girano per le strade vendendoti accendini, cartine, filtrini, che ti mostrano i loro aggeggi luminosi con un costante sorriso stampato sul volto. Sono tantissimi, quasi dappertutto a Roma. Una comunità viva, attiva, che lavora, sempre. Lo ha capito Luca, uno del trio The Pills, i ragazzi che dal successo delle web series sono passati al cinema con il film “Sempre meglio che lavorare”.  Luca, dal dolce far niente con sveglia quotidianamente impostata alle 12 meno un quarto, un bel giorno, dopo tanti passati ad osservare quel mondo laborioso dei bangla, decide di “lavorare”, lavorare come un bangla. Una decisione che manda in tilt il gruppo. Nel frattempo Luigi fa a pugni con la realtà che lo vuole adulto e alle prese con delle responsabilità  (“Una vita con la sveglia alle 7,30 non vale la pena di essere vissuta”). Per non affrontare la sfida ritorna indietro nel tempo. Pur di non lavorare, continua a fare l’adolescente incompreso da tutti, quello delle occupazioni e del “bordello” (“A fascio te sfascio”).  Matteo, invece, deve fare i conti con un padre che posta le foto del cibo su instagram e che va a Berlino per realizzare i suoi sogni.

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Battute alla The Pills, aho, citazioni cinematografiche (l’omaggio a Breaking Bad), le loro indiscusse e sottovalutate tecniche di ripresa. Tutto molto bello, alla faccia dei detrattori. Soprattutto l’idea, fantastica, di esplorare l’universo “bangla”. Valeva la pena raccontarlo, così, con l’ironia e la curiosità dei The Pills. È proprio questo particolare, questa capacità di raccontare storie con creatività e spontaneità, che li rende autentici.