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13enne stuprata a Melito: la “normalità” del silenzio e del giudizio che annientano una regione

“Se l’è cercata”. La frase pronunciata dalla gente di Melito Porto Salvo nei riguardi della ragazzina stuprata per 3 anni dal branco rappresenta il male. Il male che si annida in alcune realtà, in gran parte arretrate e in cui ancora oggi vige la legge del silenzio. Stare zitti di fronte alla violenza animale e tribale di 9 uomini contro una giovanissima vittima. Per ben tre lunghi anni.

Stare zitti perché, in fondo, se l’è andata a cercare. La vittima si trasforma agli occhi del Paese nella responsabile della vicenda, su cui puntare il dito accusatorio.

Il silenzio di tutti, anche della famiglia, secondo il Corriere della Sera, che avrebbe saputo, ma avrebbe taciuto per evitare il discredito, il cosiddetto “scorno”. Un episodio di cui vergognarsi, oltre che scomodo e pericoloso per la maggior parte della gente per via delle persone che si trovavano implicate nella vicenda. Per cui il silenzio è la strada che si percorre per scongiurare il disonore, affinché la gente non sparli dell’accaduto.

Gente che a sua volta sapeva e che giudicava sprezzante senza un briciolo di sensibilità.

Perché al Sud conta molto il parere della gente. Conta molto ostentare una vita “regolare”, “normale”, per non essere giudicati, per non fare brutte figure, per non finire nelle grinfie dei maligni, per non cadere nel chiacchiericcio più spietato. Regolare come fare la riverenza ai potenti mafiosi, ai politici corrotti. Questo sì che è normale.

400 persone partecipano alla fiaccolata della solidarietà. Pochissime. Gli altri preferiscono ancora il silenzio. E tanti altri vorrebbero silenziare questa storia, perché così si finisce per macchiare tutta una comunità che non avrebbe colpe. Come il parroco che afferma “sono tutte vittime anche i ragazzi. E poi, io credo che certe volte il silenzio sia la risposta più eloquente”. Quanta tristezza c’è in questa vicenda, quanta.

Silenzio, vergogna, giudizio e mafia. Un mix letale, il riassunto perfetto di una fetta di Paese ancora clamorosamente indietro, primitiva, che non lascia via di scampo, che annienta la parte sana e onesta, come è successo in questa bellissima e complicata regione, ricca di contraddizioni.

C’è un’urgenza impellente non solo a Melito, non solo in Calabria. Quella di liberare la gente dalle catene soffocanti del silenzio e del giudizio.

13enne stuprata a Melito: la "normalità" del silenzio e del giudizio che annientano una regione