Dentro il palazzo bianco: da simbolo della modernità cambogiana a baraccopoli dei poveri
“Il palazzo bianco” di Phnom Penh, una volta simbolo della modernità cambogiana, è ora una baraccopoli per prostitute, eroinomani, suore e bambini.
Il complesso residenziale a più piani è il sogno infranto dei residenti a basso reddito, dai funzionari pubblici agli artisti del luogo. Oggi è il monumento della povertà. Delle sue pareti bianche brillanti, da cui prende il nome, “White building”, nelle foto in bianco e nero scattate nel 1963, rimane solo il ricordo. Ora l’edificio è fatiscente, sporco e insalubre, ricettacolo di spacciatori, tossicodipendenti e prostitute stipate nei blocchi. I corridoi, sono l’unico posto dove potersi rilassare, secondo il fotografo Tariq Zaidi che ha documentato la vita nel palazzo bianco realizzando questo singolare reportage fotografico.
Si dice che 50 famiglie siano scappate dopo la comparsa di una crepa nella tromba delle scale, causata da lavori di scavo di un hotel di 11 piani nelle vicinanze. Sono fuggiti via, terrorizzati che il loro appartamento potesse venire inghiottito dalla polvere.
Alcune famiglie (l’edificio ne conta 600) sono state sfrattate, ma i residenti insistono a non voler lasciare le loro case. Intanto le Ong invogliano gli artisti a portare un po’ di colore e a disegnare murales sulle scale.