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Benvenuti nell’epoca dell’Ego-turismo: le foto delle vacanze diventano un progetto di vanità

Sono una delle sette meraviglie del mondo. Ma per molti turisti che visitano le Piramidi d’Egitto, queste antiche meraviglie rappresentano un semplice sfondo per le vere stelle dello spettacolo: se stessi.

Negli ultimi dieci anni, la fotografia turistica è diventata sempre più un progetto di vanità.
Più che documentare luoghi spettacolari, le foto delle vacanze vengono ora utilizzate come strumenti di auto-marketing per promuovere la propria “vita ideale”.  Diventano semplicemente un’altra opportunità per esercitare l’indomabile ego moderno – almeno questo è quello che pensa Julien Lombardi, l’artista francese che ha documentato questa complessa relazione in un progetto chiamato Ego Tour. “Ho visitato molti luoghi turistici in tutto il mondo – monumenti, musei, rovine e simili – e da quello che ho visto, il modo in cui gli altri visitatori agiscono è una parte integrante dell’esperienza”, racconta Lombardi al Time.

Benvenuti nell'epoca dell'Ego-turismo

“Le piramidi sono monumentali”, dice Lombardi. “Ma non le vedi con tutte le infrastrutture di folle e turisti. E quando mi avvicinai abbastanza da toccarle, le sentivo inaccessibili tra le moltitudine di turisti, commercianti di strada, autobus e cammelli “.
Questa esperienza lo ha portato a indagare ulteriormente l’argomento da una prospettiva visiva. Ha raccolto immagini e ha prodotto un video, installazioni e stampe in serigrafia, mettendo in discussione la realtà di un luogo che sembrava un “falso autentico”, un termine usato da Umberto Eco, il quale con Jean Baudrillard ha forgiato il concetto di ” iper-realtà.”

Il progetto rivela un cambiamento radicale che ha avuto luogo nel modo in cui questi siti sono fotografati. “La fotografia da cartolina non è più l’ideale”, spiega Lombardi. “I turisti non sono più passanti passivi. “La gente vede le foto come prova visiva”. Allo stesso modo in cui gli esploratori avrebbero fotografato una cima innevata o una carcassa del leone”.
Ma grazie ai social media, il “summit nevoso” o la “carcassa del leone” sono diventati così familiari, non sono più effettivamente visti, ma ridotti invece ad un’idea quasi virtuale. “Le pose sono una sorta di linguaggio universale assimilato che riflette il desiderio di interagire con i luoghi in modo fisico”. Per Lombardi, questo è preoccupante e affascinante allo stesso tempo. “Le piramidi sono state ridotte a un simbolo, uno sfondo per una performance“, aggiunge.
Anche i luoghi turistici sono responsabili di questo cambiamento. “Li hanno trasformati in una sorta di divertente parco giochi per la fotografia”. L’avvento dei bastoni selfies e degli smartphone è un altro fattore chiave. Lombardi afferma che il cambiamento più profondo della pratica fotografica è il “momento in cui le telecamere hanno cominciato a girarsi per guardare il loro proprietario piuttosto che il mondo esterno”.
Ma la democratizzazione della fotografia potrebbe avere conseguenze pericolose, afferma Lombardi, credendo che contribuisca alla “scomparsa della realtà e all’avvio di un mondo in cui le immagini significano più di quello che ritraggono”. Ciò significa che la nostra memoria sta diventando più visibile di quanto non sia tangibile e il nostro rapporto organico con il mondo che ci circonda sta lentamente decadendo. Ci affidiamo a questi dispositivi per conoscere il mondo, ma sono queste cose che ci separano dalla realtà.

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Camera work
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