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Mafia capitale conferma gli stereotipi italiani all’estero

A quanti sarà capitato di andare all’estero e sentire associare la parola Italia a mafia, oltre alle classiche correlazioni con pizza e mandolino. Sicuramente a tanti. E oggi, all’indomani del secondo filone dell’inchiesta di Mafia capitale, arriva, secondo il Fatto Quotidiano, l’ennesima conferma degli stereotipi italiani: “un dejavu”.

Come viene vista all’estero la vicenda di Mafia Capitale? I giornalisti delle testate straniere a Roma sembrano avere tutti la stessa opinione: niente di nuovo sotto il sole. “Mi ha colpito molto il basso livello dei personaggi coinvolti”, spiega Elena Pouchkarskaia, del quotidiano russo Kommersant. “Quello che tutti i giornalisti stranieri notano dell’Italia quando ci sono queste inchieste, quando ci sono prove della corruzione – racconta Megan Williams dell’emittente canadese Cbc – è che sia abbastanza raro che chi è coinvolto sparisca dalla politica: viene riciclato e reinserito nel mondo politico e continua a fare quello che faceva prima”. “In Norvegia? – afferma Simen Ekern, del Morgenbladet – Gli scandali hanno una portata minore: se un politico compra un pianoforte con i soldi dello stato deve dimettersi”. E in casa nostra che aria tira? “Nel libro ‘I re di Roma’ di Lirio Abbate e Marco Lillo (edito da Chiarelettere), a marzo, – afferma Marco Lillo, caporedattore inchieste del Fatto Quotidiano – abbiamo pubblicato le intercettazioni di Luca Odevaine che rivendicava come un merito il fatto di aver truccato l’appalto del Cara di Mineo. Adesso per questi fatti sono scattati gli arresti. Ma ad aprile il capo dipartimento Mario Morcone in Parlamento ha sostenuto che Cantone aveva fatto male a chiedere l’annullamento di questo appalto. Noi riteniamo che un governo che non riesce a sostenere una scelta banale come quella di Cantone sia un governo che non è attento e non vigila”. Ci saranno altri arresti? “Non saprei dirlo, ma dalle intercettazioni emergono tante persone coinvolte in alcuni affari che non sono ancora entrate in questi provvedimenti giudiziari”, conclude Lirio Abbate dell’Espresso.

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