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Perché abbiamo bisogno del pensiero laterale per affrontare i nostri problemi. Cos’è e come funziona

Pensare è la massima risorsa dell’uomo. Ma come pensiamo? Il modo in cui pensiamo può aiutarci nella risoluzione dei problemi? Sì. Eppure la maggior parte delle persone crede che esista un’unica forma di pensiero efficace, quello corretto, logico, consequenziale, verticale. Il pensiero laterale è un abito mentale, un tipo di pensiero,

“Se si affronta un problema con il metodo razionale del pensiero, si ottengono risultati corretti ma limitati dalla rigidità dei modelli logici. Quando si richiede invece una soluzione veramente diversa e innovativa si deve stravolgere il ragionamento, partire dal punto più lontano possibile, ribaltare i dati, mescolare le ipotesi, negare certe sicurezze e addirittura affidarsi ad associazione di idee del tutto casuali. Si deve abbandonare il pensiero “verticale”, cioè quello basato sulle deduzioni logiche, per entrare nella lateralità del pensiero creativo”. Edward de Bono, scrittore maltese laureato in Psicologia e medicina, è noto in tutto il mondo per i suoi studi sulla creatività. Il pensiero verticale, secondo de Bono, è efficace ma incompleto, bisogna attenuarne la rigidità scoprendo le qualità produttive del pensiero creativo. Il pensiero laterale è intuizione, creatività e humour. Entrambi i tipi di pensiero sono necessari e complementari: il pensiero laterale è produttivo e stimolatore, quello verticale selettivo e analitico.

Nel pensiero laterale non è necessario essere corretti ad ogni passo perchè la conclusione sia esatta. Esistono circostanze in cui può essere necessario sbagliare allo scopo di essere nel giusto alla fine. E non esiste la negazione che ha lo scopo di bloccare alcuni percorsi come usa fare il pensiero verticale. Inoltre il pensiero laterale non è mai un giudizio.

Il pensiero laterale è la rielaborazione intuitiva dell’informazione disponibile, riguarda la produzione di nuove idee che sono la sostanza del cambiamento e del progresso in ogni campo. Riguarda anche la liberazione dalle prigioni concettuali delle vecchie idee e dà luogo a cambiamenti di atteggiamento e approccio, a uno sguardo diverso sulle cose che sono state sempre state considerate dallo stesso angolo visuale. É la ristrutturazione dei vecchi modelli (intuizione) e la stimolazione di nuovi (creatività). Il pensiero laterale apre nuove vie, insolite, e a differenza del pensiero verticale non esplora i percorsi più probabili. È un problem solving creativo che si discosta da quello sequenziale che invece considera di risolvere il problema partendo dalle considerazioni che sembrano più ovvie.

Ci sono delle tecniche per praticare il pensiero laterale in modo tale da acquisirne il relativo abito mentale che si possono utilizzare in vari contesti, anche a scuola. Come la generazione intenzionale di alternative, mettere in discussione i modelli accettati, stereotipati, i cliché (come la tecnica dei perchè per mettere in dubbio i presupposti); il brainstorming (che letteralmente significa tempesta di cervelli, una tecnica creativa di gruppo coniata in ambito pubblicitario da Alex Osborn) che incoraggia l’applicazione delle tecniche del pensiero laterale come stimolazione incrociata delle idee. “Il principio essenziale del pensiero laterale recita: ogni modo particolare di considerare le cose è solo uno fra molti altri modi possibili”.

De Bono è anche autore del libro ” Sei cappelli per pensare”, una tecnica di pensiero intenzionale. I sei cappelli incarnano diversi punti di vista (diverse parti rappresentate da diverso colore) che possiamo usare in base ai diversi aspetti di una situazione che stiamo affrontando. Diversi modelli di pensiero, incluso quello più lontano alla nostra indole. Questo ci permette di uscire dagli schemi creati dalla posizione o dal carattere, di liberarci come persone diventando più creativi ed ottimisti. Le menti migliori spesso rimangono intrappolate nel pensiero negativo. Il metodo dei sei cappelli è stato utilizzato da grandi aziende nel mondo e grazie ad esso le riunioni sono diventate più costruttive e produttive. “I cappelli per pensare – dice de Bono – servono a rafforzare l’intenzione di essere un pensatore. Essere un pensatore non significa aver sempre ragione. Chi pensa di aver sempre ragione sarà probabilmente un pensatore scarso (arrogante, senza interesse per le ricerche, incapace di vedere alternative, ecc). Essere un pensatore non significa essere abili. E neanche saper risolvere quegli intricati problemi che la gente aspetta sempre che uno risolva. Essere un pensatore significa avere la coscienza di volerlo essere. È molto più facile che giocare a golf, a tennis o suonare uno strumento. Richiede un minor equipaggiamento. L’intenzione quindi è il primo passo. È facile e difficile nello stesso tempo. Come quelle regole Zen facili da scrivere ma non da mettere in atto. Perciò sono necessari degli strumenti tangibili i sei cappelli per pensare, appunto”.