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Nel 2015 il Tg Leonardo annunciava un virus creato in laboratorio (video)

“Scienziati cinesi creano supervirus polmonare da pipistrelli e topi. Serve solo per motivi di studio ma sono tante le proteste”. È il titolo di un servizio montato come un thriller di Tg Leonardo, andato in onda nel 2015. Riferisce di un esperimento condotto in collaborazione fra l’Accademia delle scienze cinese e l’università della North Carolina, cui partecipò anche l’università di Wuhan. Nella città epicentro dell’attuale pandemia esiste infatti un laboratorio di massima sicurezza (classificato come P4). E non è mancato chi ha sospettato che da lì sia uscito per sbaglio il coronavirus di oggi.

La tesi circola almeno da febbraio ed è stata smentita una settimana fa da uno studio di Nature Medicine, che dimostrava che l’attuale virus è di origine naturale, non artificiale. Non è bastato.

Il video di Tg Leonardo negli ultimi due giorni si è diffuso sui nostri telefoni a ritmi rapidissimi, ed è finito sul twitter di Matteo Salvini. “Un virus naturale e uno creato in laboratorio sono perfettamente distinguibili”, smentisce Fausto Baldanti, virologo dell’università di Pavia e del Policlinico San Matteo.

Secondo Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia, “il virus attuale non deriva né dalla prima versione della Sars né tantomeno dai topi, per cui non può essere in nessun modo il virus creato nel laboratorio cinese di cui si parla nel servizio”.

Anche la rivista Nature si è affrettata mercoledì ad aggiungere a quell’articolo un commento: “Ci risulta che questa storia viene usata per far circolare teorie infondate che il nuovo coronavirus che causa Covid-19 sia stato ingegnerizzato. Non esiste evidenza che questo sia vero”.

Ma perché fu condotto quell’esperimento? “Perché per sconfiggere il tuo nemico devi conoscerlo” spiega Baldanti. “Qualche anno fa in Olanda un gruppo prese il virus della Spagnola da alcuni cadaveri conservati per un secolo nel permafrost in Alaska. Venne modificato, aggiungendo dei frammenti di genoma che ne modulavano la virulenza. L’obiettivo era capire come mai quella pandemia fu così micidiale, per prevenire il ripetersi di un evento simile”.

Ci si interrogò molto, all’epoca (era il 2013) su cosa far prevalere: conoscenza o sicurezza. “Ma si decise di andare avanti, rispettando standard di contenimento altissimi all’interno dei laboratori” racconta Baldanti. Il virus chimera cinese del 2015 è figlio di quella decisione, e di un esperimento simile. Il fatto che dei suoi geni conosciamo ogni dettaglio, proprio perché lo studio è stato pubblicato, ci rassicura che non ha somiglianza con il genoma del coronavirus attuale.

(fonte Dagospia)